Inchiostri tatuaggio: quale futuro?
Di Silvia Tranà
Pubblicato 30 Agosto 2019

Tema molto attuale e “caldo”: la sicurezza per gli inchiostri da tatuaggio artistico da trucco permanente.

Condivido nel mio blog quanto scritto dalla meravigliosa e saggia Rita Molinaro, presidente Clinita, che per me è insegnante, collega, amica e punto di riferimento. La riflessione è lucida e piena di cuore. Riporto quindi di seguito il suo articolo pubblicato su Facebook.

LA NUOVA RISOLUZIONE EUROPEA SUGLI INCHIOSTRI DA TATUAGGIO E I PIGMENTI DA TRUCCO PERMANENTE: QUALE FUTURO?

Tema molto attuale e “caldo”: la sicurezza per gli inchiostri da tatuaggio artistico da trucco permanente. Il termine inchiostro può sembrare un poco minaccioso, soprattutto agli occhi dell’utente finale, ma con il termine “pigmento”, nella terminologia chimica, scientifica ed industriale, si intendono solo le materie prime. Stiamo assistendo ad un fenomeno esplosivo di offerte delle più svariate tipologie di colori per trucco permanente e di una esponenziale mancanza di cultura o volontà di approfondire tematiche legate ai componenti e al fenomeno chimico fisico del colore. Assistiamo ad una dilagante informazione mediatica superficiale, basata su effetti fotografici e prezzi al ribasso senza una reale presa di coscienza di ciò che effettivamente viene inserito sotto la pelle e la reale bio-assorbibilità o sicurezza del colore stesso.

Il colore è una delle cose più importanti per la riuscita di un trucco permanente armonico ma è anche l’imputato principale in caso di reazioni o viraggi indesiderati dopo l’esecuzione: vediamo insieme quali potrebbero essere le molteplici cause che possono influenzare la sicurezza e la stabilità dell’inchiostro. Esistono diatribe in termini di sicurezza tra pigmenti organici e inorganici, si discute di carbon black e di biossido di titanio ma sono termini che meriterebbero un articolo ognuno data la complessità e la vastità della materia. Le materie prime giocano un ruolo importante in ambo i casi, poiché negli inorganici si possono riscontrare tracce di metalli pesanti e negli organici ammine aromatiche e altri contaminanti. Ma se nella vita quotidiana siamo sempre più sensibili alla qualità e alla sicurezza, abbigliamento griffato, cibo gourmet, automobili meno inquinanti, perché la stessa attenzione non viene rivolta anche al mercato dei pigmenti?

Perché l’operatore non valuta il costo delle aziende in materia di ricerca, test, analisi, conformità a leggi sempre più (grazie al cielo) restrittive e severe?

Un ottimo vino di cui possiamo deliziarci attraverso il suo profumo, il sapore, il modo in cui viene versato o la temperatura a cui viene servito e il bicchiere o il decantar da cui sprigiona il suo aroma, certo non possiamo farlo competere con un composto similare imballato in un contenitore di cartone e servito in un bicchiere di plastica.

Perché non dare lo stesso rispetto ed attenzione a qualcosa che viene inserito sotto la pelle? Proviamo con qualche analogia.

Certo tutti sappiamo che il vino ha diverse annate, che dipende dalla stagione, dal terreno in cui è coltivato e addirittura che i grappoli assorbono il profumo se ci sono piante di rose o frutteti nelle vicinanze e molto dipende dalla vinificazione: non è vero che il vino è solo uva schiacciata.

Perché non concedere anche agli inchiostri la stessa cultura di conoscenza e consapevolezza?

Un colorante o un pigmento (in quanto materia prima) possono avere caratteristiche completamente diverse a seconda del fornitore, della sua purezza, di come viene lavorato, confezionato , sterilizzato, stoccato e applicato. Certo non è sufficiente schiacciare un grappolo di uva bianca per ottenere prosecco; può sembrare una ovvietà ma negli inchiostri questa consapevolezza non è purtroppo presente in tanti utilizzatori. Spesso il costo e la facilità di scrivenza ottenuta con colori brillanti hanno la precedenza sulla sicurezza, nonostante gli organi di competenza deputati al controllo abbiano segnalato costantemente e con una frequenza preoccupante tali prodotti, disponendone anche il ritiro dal mercato. Qualche tempo fa, in un post apparso nei Social, mi ha scioccato leggere, riferito ad un pigmento ritirato dal mercato perché tossico: “splendido lavoro eseguito con un pigmento brutto e cattivo di cui non posso dirvi il nome, ma è il caso di dire che la morte ti fa bella”. Credo che molti operatori dovrebbero riflettere su questo e rispettare le loro clienti apprezzando lo sforzo che molte aziende compiono da anni per garantire prodotti sicuri in primo luogo per tutelarne la salute, ma anche per proteggere la professionalità dell’operatore stesso. Ci sono anche altre importanti attenzioni per preservare un pigmento integro e garantirne l’efficacia nel momento in cui si va ad impiantare, vediamo alcuni accenni di seguito. Il bicchiere: nessuno berrebbe da un bicchiere sporco, ma, nonostante la legge richieda pigmenti sterili spesso gli ink-cup destinati a contenere il colore durante il trattamento non viene utilizzata la versione sterile e singola, ma spesso vengono preferiti quelli forniti in confezioni multiple da 100 a500 pezzi che potrebbero presentare residui plastici di lavorazione, impurità e inquinanti vari, senza contare il rischio di contaminazione dato dal prelevamento e dal contatto. Altro aspetto importante ma poco preso in considerazione l’uso, durante il trattamento, di detergenti aggressivi che potrebbero creare un’alterazione della cute con conseguenti reazioni da contatto erroneamente, spesso, attribuite al pigmento. L’utilizzano di prodotti desensibilizzanti durante la procedura, un’altra variabile di rischio, che possono apportare un notevole cambiamento del PH cutaneo, alcuni possono addirittura provocare alcalinità di scala 9, destrutturando e modificando alcune formulazioni degli inchiostri, create per il nostro corpo a base tendenzialmente acida contribuendo a modificare la struttura molecolare e a trasformarla in potenzialmente pericolosa o creare antiestetiche migrazioni. Non voglio annoiare il lettore con nozioni chimico-fisiche, ma un operatore preparato è un professionista che ha a cuore le persone che gli affidano il loro volto e la loro salute. Possiamo evocare anche gli aghi e il materiale con cui vengono prodotti: esiste un’ampia letteratura scientifica sulla migrazione di sostanze potenzialmente nocive per la salute umana (cadmio, piombo, arsenico, ecc.) conseguente allo sfregamento dall’acciaio dell’ago sulla cute. Per questa ragione, maggiore è il grado di resistenza alla corrosione dell’ago minore è il potenziale rilascio di sostanze all’interno dell’organismo. La Dott.ssa Ines Schreiver, ricercatrice dell’Università di Copenaghen presso il dipartimento di dermatologia, ha dimostrato all’ultimo convegno ECTP a Berna, come molti aghi in commercio realizzati con acciai inox di basso costo, rilascino più cadmio, nichel e arsenico rispetto agli inchiostri da tatuaggio. Tornando agli inchiostri, la rilevante diffusione che la pratica del tatuaggio ha avuto in questi ultimi 10 anni, un fattore di tendenza e costume ma anche con ruolo sociale non esime dal considerare anche i rischi che tale pratica può avere sulla salute del cittadino se questi trattamenti non vengono svolti con protocolli adeguati e utilizzando prodotti con determinate caratteristiche, nel 2016-2017 la Comunità Europea ha dato mandato alla Echa (Agenzia Europea delle sostanze chimiche) di presentare una proposta di regolamentazione sui pigmenti da tatuaggio con l’obiettivo di far rientrare i pigmenti nell’alveo normativo del Reach, ovvero il regolamento Europeo dedicato alla valutazione, alla registrazione e alla limitazione dei rischi chimici. Già nel suo mandato si prefigurerebbe per il mondo degli inchiostri da tatuaggio e dei pigmenti da trucco permanente, un futuro probabilmente più restrittivo e rigido rispetto alla attuale Resap 2008-1, l’attuale impianto normativo che regola gli aspetti qualitativi, chimici e di certificazione degli inchiostri e dei pigmenti. Ora, in questi mesi, la bozza di regolamento è stata inviata alla Commissione Europea e tendenzialmente essa si esprimerà durante il mese di settembre prossimo. Realtà medico-scientifiche, mondo accademico, produttori e professionisti si sono in questi anni confrontati all’interno di Estp, la società europea per la ricerca e sviluppo nel mondo dei colori e delle procedure di tatuaggio, di cui sono socia fondatrice, per cercare di proporre una analisi alternativa degli aspetti tecnico-scientifici, con la finalità ultima di preservare la professione e l’industria, ma soprattutto la salute dell’utente finale. Inutile dire la forte preoccupazione espressa per diversi aspetti della proposta, di seguito le considerazioni raccolte durante l’ultima riunione svolta a Berna. L’approccio comunitario, sulla base dell’analisi della proposta Echa, intende ridurre gli inchiostri a prodotti cosmetici, con la probabile conseguenza di aumentare la caotica situazione di mercato e il rischio di una crescita delle attività illegali, legate alla commercializzazione di prodotti non conformi e alla pratica abusiva dei trattamenti. Secondo l’opinione di ESTP, la regolamentazione della produzione, della sicurezza e delle certificazioni degli inchiostri è molto particolare ed autonoma. Non può essere adattata ad altri sistemi o direttive in vigore nella UE, come ad esempio la legislazione sui cosmetici. L’industria dei tatuaggi è un business dalle dimensioni rilevanti ma potenzialmente impreparato a questa proposta, non pronto per una regolamentazione così complicata. Gli inchiostri per tatuaggi non sono cosmetici, né prodotti farmaceutici, né prodotti di consumo ordinari e certamente non prodotti chimici singoli e puri come REACH è deputato e esperto nel regolamentare. La ESTP ritiene che la regolamentazione degli inchiostri per tatuaggi ai sensi del REACH non sia logica, né razionale, non sufficientemente argomentata dal punto di vista tecnico-scientifico, non possibile da attuare e non possibile da controllare da parte dell’industria dell’inchiostro e dalle autorità nazionali che hanno la funzione di verifica sul mercato. La sicurezza degli inchiostri per tatuaggi va ben oltre lo scopo ristretto di REACH che ha esclusivamente in mente il rischio chimico. Altre questioni critiche, che determinano la sicurezza dell’inchiostro per tatuaggi nell’uso pratico, devono essere incluse come ad esempio la questione della sterilità e la contaminazione dai prodotti microbici che rappresentano un potenziale rischio per la salute dei clienti. L’ESTP prevede che l’attuale proposta di risoluzione REACH non consentirà più alle aziende una economica ed efficace produzione, consentendo un rischio maggiore di pratiche illegali all’interno del settore, poiché il desiderio da parte degli utenti e la volontà dei tatuatori professionali è forte e garantirà la continuazione della pratica, con inchiostri per tatuaggi acquistati illegalmente su Internet da produttori non europei, che velocemente domineranno il mercato. Gli inchiostri per tatuaggi necessitano di un proprio standard normativo fatto appositamente per gli tali prodotti e ESTP sollecita la Commissione ad avviare un processo normativo da zero che comprenda quindi tutte le questioni importanti del settore oltre alle sostanze chimiche. Qui di seguito i punti essenziali della critica rivolta al lavoro svolto da Echa: > avremmo auspicato un elenco preciso e positivo degli ingredienti utilizzabili nella produzione degli inchiostri, tuttavia Echa provvede a dichiarare solo gli elementi “potenzialmente” negativi in migliaia di componenti (oltre 4.000) la cui ricerca ed eventuale riconoscimento richiederà sforzi sovraumani agli enti di certificazione e ai laboratori di produzione; > le restrizioni proposte in merito a moltissimi componenti chimici non sono basate sui reali pericoli ne tantomeno su evidenze scientifiche comprovate; > dati scientifici pressoché assenti sui rischi tossicologici di molti elementi chimici e il livello di soglia da imporre agli stessi: l’impianto di questi elementi che si ottiene con il tatuaggio non può essere minimamente paragonabile alla maggior parte degli studi tossicologici basati su alte dosi e esposizioni croniche; > grave problema con l’analisi chimica delle circa 4000 sostanze chimiche incluse nella proposta; mancanza di standard per l’analisi, mancanza di standard chimici di riferimento per molte sostanze necessarie per stabilire metodi precisi e riproducibili, ecc. > prevedere delle deroghe al divieto di utilizzo dei pigmenti blue e verde (pigmenti Blue 15 e Green 7, C.I.74160, C.I.74260), finché i produttori di materie non avranno saputo sintetizzare delle valide alternative; > il settore produttivo degli inchiostri da trucco permanente, maggiormente rispetto a quello dei tatuaggi, ha realizzato importanti innovazioni relativamente ai metodi di conservazione al fine di ridurre potenziali reazioni allergiche e tossicologiche connesse a questi elementi: la proposta di Echa mira a consentire un uso indiscriminato dei conservanti, come da normativa cosmetica, con possibili e preoccupanti conseguenze sull’aumento di reazioni allergiche da parte degli utenti; > non esiste ad oggi nessuna evidenza o studio scientifico che possa collegare il rischio di contrarre tumori con la pratica del tatuaggio: nessun caso fatale conosciuto e comprovato provato a causa dell’inchiostro per tatuaggi è stato trovato nella letteratura medica. Concludo auspicando una sempre maggior consapevolezza da parte dei professionisti, realizzabile attraverso un costante dialogo fra aziende, enti di governo, e professionisti ma soprattutto un rinnovato spirito di collaborazione sempre più serrata tra questi stessi attori, con l’obiettivo di garantire una risposta professionale sempre più ineccepibile e una sicurezza per l’utente finale senza compromessi. Rita Molinaro

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